Osservando tutto il caso Activision-Blizzard sorge spontanea una domanda: ma dove sono i sindacati?
Ebbene avevamo già accennato la cosa sulle pagine di questa newsletter e la risposta a questa domanda è delle più infelici. Non ci sono. Non esistono sindacati che si occupano dei diritti del* lavorator* del mondo videoludico negli Stati Uniti. I tentativi di una qualsivoglia unione in questo senso non sono mancati, ma con scarsi risultati e poca coesione. In un ambiente come quello statunitense, quando si parla di sindacati, si trova un terreno difficile. Le cause sono delle più disparate, imputabili sia a una narrativa economica della performance e del liberismo spinto, ma anche di rigetto politico all’aiuto sociale o a forme di ammortizzatori che dalla frangia più conservatrice e repubblicana sono considerate ancora come argomento da “comunisti”. Insomma, l’ambiente non è favorevole alla nascita di queste organizzazioni, ma vista la situazione attuale di violenza e abuso all’interno dell’azienda di Irvine, di discriminazione di genere in tutta l’industria videoludica e del tech, nonché di orari disumani con paghe ridicole; forse i tempi richiedono una svolta significativa, radicale.
Come abbiamo già detto: non ci sono sindacati di sviluppator* di videogiochi su territorio statunitense. Ma qualcosa si sta muovendo e sta facendo rumore, sia in US che in altri paesi. La Game Workers Unite, che fino a non molto tempo fa era solamente un gruppo di attivist* e lavorator*, oggi in alcuni paesi è riconosciuta come union (sindacato) a tutti gli effetti. Nel Regno Unito la divisione del gruppo è diventata legalmente un sindacato già dal 2018, mentre la divisione australiana diventerà ufficialmente una union nel marzo del 2022.
Ma la situazione negli Stati Uniti è ancora diversa, si continua una sfiancante lotta per lo più condotta da A Better ABK, organizzazione di dipendent* di Activision-Blizzard-King. Proprio su questo gruppo di attivist* ci sono novità interessanti: Jessica Gonzalez, Senior Test Analyst, ha lasciato Blizzard.
Gonzalez è stata un elemento molto importante nelle battaglie di ABK, organizzando le manifestazioni e facendosi portavoce all’interno dell’azienda di una cultura inclusiva e sulla diversità, in netta contrapposizione alla cultura dominante. Il suo ultimo giorno di lavoro nell’azienda di Irvine è proprio oggi 10 dicembre, lo ha annunciato su Twitter in un comunicato, raccontando di essere ferita mentalmente dalla battaglia e che ha preferito, quindi, mettere prima la sua salute personale. Sempre nello stesso comunicato lancia un messaggio molto forte a Bobby Kotick, CEO di Activision – Blizzard che nel recente report del Washington Post si è scoperto perfettamente a conoscenza della cultura tossica della sua azienda e di aver insabbiato molte cause a insaputa dei suoi stessi colleghi, oltre a essere stato accusato in prima persona di molestie sessuali sia sul luogo di lavoro che fuori. Al CEO, Jessica Gonzalez dice che “la sua inazione e il rifiuto di prendere responsabilità stanno allontanando grandi talenti e i prodotti ne soffriranno fino a quando non sarà rimosso dalla sua posizione di CEO”.
ABK sta compiendo uno sforzo gigantesco nel tentativo di raggruppare i dipendenti dell’azienda e cercare di portare giustizia. È notizia recente l’avvio di una campagna di raccolta fondi su GoFundMe, avviata da Jessica Gonzalez, che sarà usata per coprire il fermo del salario per l* dipendent* che decidono di scioperare e protestare. Inoltre è stato documentato che all* impiegat* è stato chiesto di firmare una Union Authorization Card, un documento che attesta la volontà di un* lavorator* di voler essere rappresentato da un sindacato. Almeno il 30% dell* impiegat* deve firmare quel documento perché si comincino le votazioni per la sindacalizzazione, secondo il regolamento americano.
Nel 2020, la Communications Workers of America, sindacato dei media e del settore comunicazioni, ha lanciato la Campaign to Organize Digital Employees al fine di racchiudere lavorator* dei videogame e dell’ambito tech, affidando questo compito a Emma Kinema, ex-sviluppatrice e organizzatrice. Qualcosa si sta muovendo e le speranze rispetto a questi progetti sono alte, in un settore che ha disperato bisogno di queste istituzioni per controbilanciare agli abusi e alle condizioni di lavoro dettate da compagnie che non salvaguardano la salute dell* propr* dipendent*. Me l* immagino in fila, come gli Avengers, tutt* in trepidante attesa di qualcun* che dica loro “assemble”. Forse il segnale è arrivato!
Fonti: Axios, Washington Post, US Government
Questo articolo è stato pubblicato a dicembre su Still Alive, uno sguardo differente.