Eccoci qui!
È febbraio, le vie sono intrise di odore di frittura dolce generato dalle frittelle e dalle chiacchiere di carnevale fatte nei panifici (il tutto mischiato a qualche olezzo vario, dipende in che punto della città vi trovate, o se vi trovate in città), e solo un terzo dei nostri buoni propositi per l’anno nuovo è crollato rovinosamente.
Aaaaaah, c’è speranza nell’aria. Speranza, frittelle, e una possibile terza guerra mondiale poco più a est da qui.
Ma noi non ci fermiamo, e già da questo mese siamo super felici di mostrarvi qualcosa che speriamo possa essere sempre più frequente, ovvero la collaborazione con altri progetti a tema videoludico! Questo mese a consigliarvi un indie saranno gli amici del podcast Indie Comune!
I disegni sono, come sempre, della mirabolante Camilla Fasola! Seguitela perché è una persona di uno splendore raro.
Il buono, il brutto e l’NFT
Nel dibattito videoludico si continua a parlare di questi fantomatici NFT e di come, secondo i vari santoni evangelisti, rivoluzioneranno il mondo del gaming, permettendo a tutt* di guadagnare. Wow, promessa di denaro facile, cosa potrà mai andare storto?
Come quei vecchi amici del liceo che si fanno risentire perché “hanno un affare da proporti” e poi sono schemi piramidali in cui, se ci caschi, ti riempiono la casa di bibitoni senza marchio CE. Perché questo paragone? Tutto a tempo debito.
Gli NFT sono una gigantesca speculazione finanziaria, ne avevo già parlato in un report (faticosissimo) pubblicato su Niente da Dire. Consiglio di dare una lettura se non è chiaro l’argomento che, mi rendo conto, essere eccessivamente complesso e articolato. Si è parlato principalmente della loro applicazione nel mercato della cryptoarte e videoludico, lo strumento del token non fungibile (non sostituibile, unico) crea all’interno dell’ambiente digitale il concetto di scarsità economica. Tutto ciò preoccupa perché ripropone delle dinamiche che non esistono nell’ambiente digitale: cosa significa che una persona può dire di possedere un’immagine o una GIF?
Lo strumento si presta a frodi e riciclaggio di denaro, il fenomeno degli NFT, in particolare, ha causato il furto di diverse opere d’arte da famosi portali come DeviantArt1. Artist* che si sono ritrovati le loro opere saccheggiate e vendute all’asta sotto forma di NFT, creati, o “mintati”, da qualcuno che dice di esserne il possessore e ha certificata la proprietà sulla blockchain di riferimento, le tecnologie su cui si basano. Tutto ciò è area grigia, le istituzioni non hanno la benché minima idea di che cosa siano questi NFT e la tutela dell’artist* è ormai andata a farsi benedire. Molti di coloro che difendono a spada tratta questa tecnologia, inoltre, non vogliono nemmeno considerare l’impatto ambientale di questa loro attività: le cryptovalute, le blockchain e gli NFT hanno un gigantesco impatto ambientale e un’impronta carbonica spaventosamente alta, insostenibile vista la crescita esponenziale dell’utilizzo e la quantità energetica richiesta per “minare” crypto e “mintare” NFT.
Ma torniamo ai videogiochi. Diverse software house hanno cominciato ad inserire questi NFT all’interno dei loro giochi, accecati dalla possibilità lucrativa. Il loro ingresso desta sincera preoccupazione, poiché possono essere utilizzati per il gioco d’azzardo o per riproporre dinamiche economiche già presenti nella nostra società, oppure per creare schemi piramidali e Ponzi. Axie Infinity è il gioco più famoso basato sugli NFT, un videogioco in cui si devono far combattere mostriciattoli, farli crescere e poi venderli. Questo videogioco ha avuto un boom incredibile nelle Filippine2, tutt* ora vogliono giocare ad Axie Infinity perché si “guadagna”. Il fatto è che per poter giocare non basta scaricare il gioco, ma anche comprare questi Axie: un investimento di quasi un migliaio di dollari. Difficile per molte persone entrare e la situazione è diventata talmente paradossale che si sono create delle cosiddette “scolarship”, ovvero giocator* che hanno Axie (i mostriciattoli del gioco) e li concedono in prestito in cambio di una percentuale sul tuo guadagno nel gioco. Un videogioco che si regge sui nuovi utenti che entrano a giocare e investono, insomma il famoso bibitone senza marchio CE si è “evoluto” in un codice hash in una blockchain.
Abbiamo visto come hanno reagito l* giocator* a questo fenomeno, e molte delle software house che hanno annunciato di voler utilizzare gli NFT hanno fatto un passo indietro a seguito delle critiche degli utenti. Il famoso store digitale Itch.io, dedicato alla pubblicazione di titoli indipendenti e indie, ha annunciato su Twitter di non voler avere niente a che fare con gli NFT e avvertendo del fatto che si tratta di una frode.
In tutto ciò, cosa ne pensano l* sviluppator*? Secondo il report State of the Game Industry 2022 pubblicato dalla GDC (Game Developer Conference)3 a più di 2700 intervistat* è stato chiesto se ci fosse l’interesse dei propri studi di appartenenza sui token non fungibili. Il 70% ha risposto che non c’è interesse mentre un 28% ha detto che c’è un interesse in questa tecnologia, addirittura l’1% ha detto di far parte di aziende che già sviluppano con NFT. Alcune delle persone intervistate hanno anche commentato la domanda e qui ci sono alcune delle risposte, alcune contro e altre pro:
“Non mi capacito di come tutto ciò non sia stato identificato come uno schema piramidale”
“[…]Lavoro in un’azienda di NFT e sto cercando di licenziarmi per allontanarmene.”
“Preferisco non supportare una tecnologia che incendia la foresta pluviale solo per confermare che qualcuno “possiede” un jpeg”.
“Penso che questo sia un grande cambiamento nel modo in cui pensiamo ai beni digitali, alla proprietà e monetizzazione”.
Un like una preghiera
Ogni azione è un atto politico. Ogni mia scelta, ogni mio gesto, ogni parola che scelgo o non scelgo di usare, è manifesto di ideali ed è il tassello di un vivere che contribuisce all’ecosistema sociale in cui vivo. Quindi, ogni mio atto è una presa di posizione inevitabile in linea o meno con uno status.
In un’ottica più ampia, però, le mie azioni hanno effettivamente un impatto? Per esempio, il mio scegliere di prendere i mezzi pubblici, di vestirmi con abiti di seconda mano, di mangiare vegano, tutto ciò lascia veramente un segno in qualche modo? O il cercare di spiegare e discutere in modo costruttivo (ci provo) tematiche femministe all’interno di gruppi di videogiocatori totalmente a digiuno di questi temi e a volte con la repulsione della parola “patriarcato”, ecco, tutto ciò ha senso? Quel micro effetto a cascata che potrei generare rendendo consapevole una persona, poi un’altra, etc… serve sul serio? È veramente la chiave per migliorare le cose?
Siamo veramente noi singoli - seppur inseriti in un contesto di collettività - a essere i responsabili significativi di problemi quali crisi climatica, sessismo, razzismo, povertà, etc…?
La retorica della colpa, del fatto che siano i singoli cittadini a doversi migliorare, è uno specchio per le allodole abbastanza vecchiotto. Attenzione eh, il discorso non vuole inneggiare al “e allora fanculo tutto mi prendo cinque suv e li tengo accesi al centro di un parco pubblico, mentre sul cofano caldo ci scaldo bistecche di carne di cucciolo di foca e ordino a mia moglie di andare in cucina a prendermi una birra perché tanto se mi comporto come un essere umano decente non succede nulla”, no. Ma credo ci sia bisogno di maturare un attimo più di consapevolezza e, perché no, anche di rabbia verso l’inazione di società, personaggi, aziende, etc… che da sole hanno un impatto mondiale decisamente più grande di quanto noi lo avremo mai.
Come detto, ogni azione è un atto politico. L’apoliticità è un mito, un’utopia di noncuranza e di attivo narcisismo.
Da tutto questo mio discorso, il mondo del gaming non ne è esule. Ricordiamoci che l’industria videoludica è la terza più grande industria mondiale, dopo la pornografia e la guerra. Quindi, chiedere a chi si occupa di videogiochi di prendere una posizione chiara, coraggiosa, partecipativa verso tematiche importanti come i diritti civili, è totalmente sensato.
“Fanno giochi, mica guidano nazioni” direte. Eeeeeeh, insomma. Fanno giochi, è vero, ma in questo modo creano qualcosa, e creare è uno degli atti più politici che si possano fare. Che lo si voglia o meno.
Nel report State of the Game Industry 2022 di Game Developer Conference4 alla domanda “in che misura il tuo studio di sviluppo ha preso parte a movimenti di attivismo o giustizia sociale?” quasi il 50% dell* intervistat* ha risposto “none at all”. Per niente.
“Lo studio ha speso poche parole riguardo al movimento BLM, perché i dipendenti insistevano e rivendicavano un reclamo. Il risultato finale è che ora è improbabile che l’azienda promuova mai movimenti per la giustizia sociale in futuro, visto il disagio che il capo ha avuto nel compiere quel minimo sforzo.”
“George Floyd, Palestina. Nessun progetto in corso. Minacce di morte.”
“Ho avuto un po’ di supporto interno per il BLM, del tempo libero dopo l’insurrezione, tempo libero per andare a votare. Ha davvero aiutato la cultura e l’idea che nessuna arte è apolitica.”
Per fortuna risaltano anche commenti riguardo quell’esiguo 8% di “a great deal”, o del restante 44%, mostrando come l’azione sia effettivamente possibile, e non un’utopia idealistica.
“Abbiamo sponsorizzato Game Devs of Color expo. Raccolte fondi per l’ospedale pediatrico Comer. Storie dei dipendenti promosse per il mese del pride LGBTQ, per il mese dell’hispanic heritage, dell’AAPI heritage e per il Stop Asian Hate, e altro ancora.”
“BLM e iniziative sui cambiamenti climatici. Il cambiamento climatico e la ricerca di modi per frenarlo in questo momento hanno un ruolo primario all’internod el nostro prossimo gioco.”
Non credo sia necessario aggiungere altro, anche perché finirei per aprire ulteriori argomenti, come l’importanza del punto di vista, l’autorità d’autore, la politicità del linguaggio, il cosa porta alla definizione di arte e tante altre mirabolanti tematiche che sono a loro volta un mondo sconfinato.
Ma ecco, una cosa mi piacerebbe fosse chiara arrivati a questo punto: anche il nostro giocare, gli occhi con cui guardiamo questi prodotti e il modo in cui trattiamo chi li produce e li crea sono azioni mosse da ideali. Ma le azioni di chi li sviluppa, di chi guida la loro creazione, di chi è inserito più di noi giocatori all’interno di una rete di influenze, sono altrettanto significative. Noi giocator* e loro creator* e produttor* facciamo parte di un sistema di responsabilità, che però non diventa più sostenibile se si chiede solo a una piccola parte di esso di portare tutto il peso.
Please, touch the artwork!
Please, Touch the Artwork! è un progetto videoludico interessante e con una sua forte dose d'originalità. Impossibile descriverlo come un unico gioco, perché in realtà ne racchiude tre: ogni esperienza è legata a un quadro iconico e memorabile dell'arte astratta, e così facendo riesce a esprimere l'evoluzione concettuale della stessa tramite un mix (forse un po' mal calibrato) tra sessioni ludiche e altre più marcatamente espositive.
Attraverso Mondrian e il suo percorso artistico, verremo esposti alle origini, ai mutamenti e ai consolidamenti dell'arte astratta, con dei minigiochi dalla varia difficoltà e durata, ma tutti comunque mai stressanti e sempre appaganti dal punto di vista visivo. In ogni caso, anche l* meno espert* possono usufruire di un sistema di suggerimenti e aiuti per risolvere i puzzle più ostici: la filosofia alla base del design di Please, Touch the Artwork! è quella di garantire un continuo flusso emotivo, e non di sfidare l’utente.
In virtù di una serie di stimolanti citazioni, intriganti sonorità e curiose trasposizioni ludiche di opere che hanno fatto la storia dell'arte, è particolarmente consigliato a chi è totalmente privo di conoscenze sull'astrattismo e sulle origini dell'arte contemporanea.
Sviluppatore: Thomas Waterzooi
Editore: Thomas Waterzooi
Disponibile su: Steam, iOS, Google Play
Durata: 3 ore circa
di Claudio Cugliandro, Indie Comune
“Capitalismo e Candy Crush non è solo un libro: su Microsoft e Activision (e non solo)” di Luca Parri. Subito dopo l’annuncio di acquisizione di Activision-Blizzard-King da parte di Microsoft, StayNerd pubblica un editoriale che propone un punto di vista interessante sulla vicenda, parlando di monopoli e dati personali.
“Ecco cosa resta di Edith Finch, 5 anni dopo” di Martina Simonelli. Se non avete ancora giocato What Remains of Edith Finch (avventura grafica sviluppata da Giant Sparrow), il consiglio è quello di prendervi un paio d’ore per recuperarlo. L’articolo in questione fa un’analisi multimediale e multidisciplinare sul gioco, cercando di tirare le somme su cosa è rimasto dell’esperienza dopo cinque anni dalla sua uscita.
“Nuovo Oriente Videoludico: storia ed evoluzione dei videogiochi in Cina” di Andrea Sorichetti. In questo lungo articolo pubblicato su Everyeye, viene fatto un riassunto sulla storia dei videogiochi e della loro evoluzione nel mercato cinese, parlando delle censure governative e cercando di analizzare anche le possibili influenze sul mercato internazionale.
Di più sull’argomento Microsoft e Activision-Blizzard
Anche questa puntata di Still Alive è giunta al termine, ma aspettate e un’altra ne avrete. C’era una volta, il canta fiabe dirà e un’altra fiaba comincerà. Ok, forse non calza a pennello ma le conclusioni delle fiabe sonore in musicassetta davano la conclusione giusta. Chissà se le rimetteranno sotto forma di podcast, boh.
Comunque grazie ancora per averci letto e vi ricordiamo dell’esistenza di un magico canale Telegram in cui postiamo altri contenuti e articoli che scriviamo. Ringraziamo gli amici di Indie Comune per il loro contributo nella rubrica “Non sono veri amici se non ti consigliano indie”; seguendo il titolo ammettiamo il fatto che possono essere considerati dei veri amici. Il loro podcast su Spotify è un ambiente sicuro in cui discutere di videogiochi e l’ascolto è consigliato in qualunque momento della giornata, anche quando fate la spesa, soprattutto se fate la spesa.
Rimanete sintonizzati sulle nostre pagine social per scoprire anche i nuovi contenuti che arriveranno, stiamo facendo cuocere qualcosa in pentola e sulla confezione non c’è scritta alcuna indicazione di cottura, per cui attendiamo e assaggiamo di tanto in tanto per sentire se è pronto.
Siete dell* foll* a seguire Still Alive, a supportarci e sopportarci in questo periglioso cammino di divulgazione e nel nostro modo di fare giornalismo. Un giorno presenteremo il conto, e solo in quel momento potrete urlare. Facciamo alla romana!
DeviantArt Protect: Helping Safeguard Your Art di DeviantArt 2021
Axie Infinity Scholarships in the Philippines: How they work and how to get started di MB Technews, Manila Bulletin (2021)
Non vedevo l'ora di leggere la nuova newsletter ed eccola qui! Ci sarebbe da discutere per ore sui due argomenti proposti, ma mi limito a sottolineare l'intrigante ponte che si crea tra i due temi e di come i prossimi anni saranno decisivi per la formazione del Web 3.0. Inoltre, il gioco indie consigliato cade preciso in questo momento, grazie al fatto che di recente sono andato a vedere la mostra su Mondrian a Milano (Consigliata molto). Aspettando i nuovi contenuti :D